La qualità in una azienda di servizi come lo studio dentistico – ci insegna Erika Leonardi-nasce da una prestazione clinica ineccepibile è viene poi valorizzata dal paziente grazie alla componente organizzativa e relazionale.
Di qualità noi dentisti amiamo discutere animatamente nei nostri congressi ed oggi sempre più spesso nelle chat virtuali del social web. Tutti quanti avete sentito parlare di centri di eccellenza , di tecnologie di avanguardia e di standard qualitativi elevatissimi con cui molti di noi dipingono i propri studi. Moltissimi sono i contributi al dibattito sulla qualità che ci vengono da psicologi, economisti e ricercatori che provengono ambiti economici diversi e che mettono la loro esperienza al servizio dell’odontoiatria. Non ritengo affatto che la qualità percepita sia tutto e che contano di più le ciglia della segretaria rispetto al resto. Sono però convinti che nulla vada trascurato.
Analizziamo il concetto di qualità come la percepisce il dentista clinico che ogni giorno cura il paziente , e che si fonda sugli insegnamenti ricevuti all’Università . Mi piace come riassume il concetto il Collega Marco Boggione in suo recente articolo “ la qualità in odontoiatria è mantenere nel lungo periodo salute e confort nel cavo orale del paziente.”
Cercheremo ora di capire come valorizzare questo assunto attraverso una comunicazione adeguata ed efficace, evitando le cadute di stile prima citate.
Per fare questo ci serviremo di una categoria che proviene dalle scienze giuridiche che così recita: “ la forma è sostanza”. Calza perfettamente al caso nostro poichè per raggiungere la qualità clinica ogni giorno seguiamo un protocollo, le linee guida, l’ Evidence Based Dentistry , un consensus , ed eseguiamo una serie di atti la cui sequenza è stata definita dalle conoscenze che provengono dai nostri maestri (ricercatori , opinion leaders, accademici etc)e dalla nostra esperienza personale.
La sostanza qualità la si raggiunge rispettando la forma ossia il protocollo clinico .
Facciamo un esempio concreto:
Arianna il dr Bianchi e la sonda parodontale
Arianna 45 anni è in cura da anni dal dr Neri. Al termine di una seduta di igiene il dr Neri minimizza le sue lamentele sul cattivo alito e sul lieve sanguinamento superiore sinistro che talvolta compare dopo la spazzolatura. Conclusa la visita e le ha consigliato di tornare dopo un anno.
Arianna ha sentito parlare del dr Bianchi da una sua collega e decide di andarlo a trovare. La segretaria di quest’ultimo, con fare cordiale, le chiede al telefono alcune informazioni tra cui il motivo della visita. Viene spiegato ad Arianna che la prima visita durerà 45 minuti, necessari al dr Bianchi per fare una diagnosi preliminare.
Rimane piacevolmente stupita quando appena seduta in poltrona, l’assistente la aiuta a compilare un questionario anamnestico in cui le vengono richieste informazioni dettagliate sul suo stato di salute e su quello dei suoi genitori, la storia dei pregressi interventi dal dentista. L’assistente la informa che il dr Bianchi utilizza il protocollo per la prima visita del paziente, che è suggerito dalla Società Italiana di Parodontologia (SIdP) di cui fa parte.
Tutte queste informazioni sono importanti poichè, continua l’assistente, per risolvere un problema occorre prima diagnosticarlo.
Giunge poi il dr Bianchi che durante la visita scatta alcune fotografie con una videocamera intraorale ed esegue le radiografie digitali. Le mostra il tutto sul monitor del computer.
Le spiega l’importanza per la diagnosi di uno strumento che chiama “sonda parodontale”. Una immagine la colpisce particolarmente: è relativa alla zona della bocca con sanguinameto e mostra la sonda che emerge da una tasca gengivale che misura 6 millimetri di profondità . Al termine della visita il dr Bianchi le spiega che la cura consisterà in due sedute di levigature radicolari.
commento:
Il dr Bianchi rispetta la forma, applica il protocollo prima visita della SIdP, lo fà perchè sa che in questo modo riuscirà a dare il meglio ai suoi pazienti , ha sempre in mente la sostanza, ossia la qualità clinica e desidera mantenere nel lungo periodo la salute e confort nel cavo orale del paziente. Il dr Bianchi conosce il peso della dimensione organizzativa e relazionale della sua attività e comunica ad Arianna la qualità clinica in tre scenari diversi:
1 al telefono (prima di erogare il suo servizio di prevenzione e cura) quando la segretaria chiede ad Arianna il motivo dell’appuntamento e con la paziente viene informata sulla durata della prima visita;
2 nel prologo della visita quando l’assistente raccoglie l’anamnesi e parla del protocollo della Società Scientifica.
3 nella visita vera e propria, durante la quale il dr Bianchi spiega l’importanza della sonda parodontale usando una immagine fotografica tratta dalla bocca della paziente.
Il protocollo clinico della SIdP che mira al raggiungimento della qualità, amalgamato in buon contesto organizzativo e relazionale è la base da cui partire per generare il passaparola.
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