Lo Yoga è una un’antica disciplina di origine Indiana le cui origini risalgono al 2000 a C. Il termine ha origine dal sanscrito, lingua Indoeuropea affine al greco e il latino, parlata nel nord dell’India da popolazioni “Arie” ivi migrate nel 15 secolo a C. L’etimo sanscrito “yuj” da cui Yoga ha un duplice significato :
1 “soggiogare” e trova corrispondenza nel latino “iugum” il giogo con cui si legavano i buoi al carro.
2 “Unione “ è da qui il concetto olistico di unione tra corpo e mente/spirito base delle filosofie orientali e della medicina classica indiana l’Ayurveda.
Lo Yoga è così radicato nel pensiero Indù che nel Bhagavat Gita, la Bibbia dell’ Induismo, il Dio Krisna definisce lo yoga come azione, dedizione e conoscenza.
E però Patanjali autore degli Yogasutra, (Aforismi dello Yoga ) scritto tra il primo secolo a C e il primo d.C a introdurne i fondamenti. La via proposta è quella dell’ astanga Yoga ( dalle otto membra).
Tra queste figurano “Asana” posture mantenute per un certo periodo di tempo, oggi diremmo esercizi isometrici e “Phranayama” pratiche di controllo del respiro entrambi finalizzati a raggiungere la consapevolezza e il controllo del corpo e della mente.
L’ “Hatayoga-Pradipica” (la lanterna dell’ hata-yoga) e il “ Gheranda Samhita” (Inseganamenti sullo yoga) sono due trattati solo Yoga del periodo Tantrico (quindicesimo secolo) che descrivono anche i “Mudra” (= gesti) piccole sequenze ripetute e gli “SatKarman” (= tecniche di purificazione). La diffusione dello Yoga all’ occidente avvenne per la prima volta alla Word Conference of Religion nel 1893 a Chicago. Iyengar, Yogananda, Satyananda, sono alcuni dei grandi maestri del 900 che hanno contribuito a spogliare la pratica del misticismo originale e a diffondendola attraverso le loro scuole in tutto il mondo occidentale, mettendo a punto le pratiche psicofisiche che oggi vengono proposte da diversi insegnanti in numero scuole.
Il respiro yogico completo è un valido strumento per raggiungere la consapevolezza del respiro ha la caratteristica di aumentare la ventilazione polmonare sfruttando al massimo la tutta la muscolatura respiratoria ed la base del “Phranayama”.
Lo si esegue suddividendolo nelle sue tre componenti. L’ adepto si pone supino a terra nella posizione di “sava -asana”. I piedi leggermente divaricati con le punte che cadono all’esterno, palmi delle mani verso l’alto, mento in direzione dello sterno, occhi chiusi sguardo al cielo. Si visualizza il movimento dell’ombelico che inspirando sale al cielo ed espirando si appiattisce a terra aumentando la superficie di contato del tronco con il pavimento . Per facilitare l’apprendimento si pongono i palmi delle mani sull’ ombelico, restando con i gomiti a terra accanto al tronco. Si sente il movimento dell’ombelico con le mani, immaginando di rimanere immobili con il torace (consapevolezza del respiro addominale). Si passa poi al respiro toracico. Si pongono i palmi delle mani sulla gabbia toracica e si visualizza inspirando il movimento della gabbia che sale al cielo e si allarga ai lati ed espirando ritorna a chiudersi. Ci si focalizza sul torace come se il diaframma non esistesse. I Palmi delle mani scivolano in alto sulla zona clavicolare. Si visualizza il respiro apicale. Si immagina di rimanere immobili con l’addome e il torace.
Il respiro percepito è corto, superficiale e non consente di essere mantenuto a lungo.Dopo una dozzina di cicli per ogni frazione si eseguono dei respiri completi sommando le tre pratiche precedenti. Le mani inspirando scivolano dall’ombelico alla clavicola. Analogamente espirando il movimentoparte sempre dall’ombelico che si richiude verso terra seguito poi dalla gabbia toracica.
Quando si acquisisce una buona pratica si inizia ad eseguire senza l’utilizzo delle mani che restano a terra con i palmi al cielo.
Davis Cussotto
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