L’approccio psicologico al piccolo paziente è  l’aspetto più impegnativo di tutta la pedodonzia (= branca dell’ odontoiatria che si occupa della cura dell’ infanzia).canguro dello studio dentistico il mulino

Piero Altieri grande maestro in questo campo suole dire con una battuta che con  “il giusto approccio psicologico anche Erode potrebbe praticare l’odontoiatria infantile”.

Altieri  distinge  tre fasce di età  con tre  approcci  diversificati:

A)  da 0 a 3 anni in cui il bimbo ha una capacità di concentrazione molto labile, che si cerca di catturare fin dal primo approccio.  Attendere  il bimbo in sala seduto con lo sgabello abbassato in modo da avere lo sguardo alla stessa altezza degli occhi del piccolo paziente è molto utile. Così come il primo contatto fisico invitando “il bimbo al battere cinque” offrendogli il palmo della mano aperto.

B) da 3 a 6 anni è  possibile un dialogo diretto con il piccolo paziente che va coinvolto fin dalla prima visita. Appena il bimbo entra in sala meglio dedicarsi subito a lui e rimandare la cordializzazione con il genitore in un momento successivo. Uno specchio a due facce dato in mano con l’invito di scegliere se preferisce “Pierino piccolo o Pierino grande”  crea un piccola complicità e ci aiuta alla fase successiva in cui  “contiamo  insieme dei dentini”. Cerchiamo di usare termini semplici e frasi corte.

Mettiamo il vestito al dentino per descrivere la diga. Il concetto classico del “tell, show & do” è fondamentale.   La seduta dedicata al  “tell” spiegare la cura necessaria, mostrando “show” tutti gli strumenti, facendoli provare direttamente al piccolo paziente

va fatta prima e solo al secondo appuntamento ci dedichiamo al “do”, la terapia vera e propria.

C) da 6 a 12 anni cerchiamo il  massimo coinvolgimento evitando però la sorpresa e l’inganno, è nessario sempre spiegare prima di agire e non lasciare nulla di scontato.

Il paziente entra  da solo in sala e personalmente ho trovato utile offrirgli un tablet su cui giocare nelle piccole pause prima e durante la terapia.

“preferisci il labro a  wuestel o a salciccia?” chiedo prima dell’ anestesia. E prima di congedare il piccolo ricordiamo all’accompagantore  di attendere che il “labro a salsiccia “ sia andato via, prima di introdurre alimenti solidi, per evitare le fastidiose conseguenze della morsicatura del labbro.

Il genitore va coinvolto per il successo della terapia.

1)  Deve assolutamente evitare di dare al bimbo un rinforzo negativo: il regalino dopo i capricci, ma premiarlo solo  per comportamenti positivi:  hai collaborato  al buon esito della  cura, meriti una piccola riconpensa.

2) Non utilizzare la figura del dentista come deterrente ( se ti comporti male ti farà la puntura!)

3)   i genitori  non devono proiettare le proprie ansie e il proprio vissuto del dentista sul bambino; questo per evitare di contagiare le nuove generazioni con gli stereotipi del passato.

Per concludere mi piace ricordare questa citazione di G. Leopardi che può aiutarci come pedodonzisti:

I bambini trovano tutto nel nulla, gli adulti trovano nulla nel tutto.

davis cussotto

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